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Raccolta differenziata: cambiare marcia si può

L’appuntamento con Puliamo il Mondo è come ogni anno l’occasione per alcune riflessioni sulla politica della gestione dei rifiuti in città.

Il progetto “Raccolta differenziata a Bologna”, presentato dall’Amministrazione Comunale in Commissione consiliare il 3 marzo 2008, prevede una serie di azioni per incrementare la raccolta differenziata a Bologna, ferma nel 2007 a circa il 30%, ponendosi l’obiettivo di arrivare entro il 2009 ad una percentuale di RD del 35%.Queste le principali azioni: installazione di 2.900 nuovi cassonetti; passaggio da cassonetti multimateriali (gialli) a cassonetti monomateriali; realizzazione di 5 nuove stazioni ecologiche entro il 2010 (1 nel 2008); avvio di raccolta differenziata nell’area industriale delle Roveri; effettuazione di raccolta differenziata di vetro e lattine per  attività commerciali ed esercizi pubblici di alcune zone del centro storico (nel 2008 nella zona universitaria e in via del Pratello); riorganizzazione della raccolta differenziata dei cartoni prodotti dalle attività commerciali del centro storico; progetto di raccolta domiciliare in zona collinare. Il tutto per un costo di circa 900.000 euro all’anno (più 2.738.000 euro di investimenti).

Alcune considerazioni di merito. Apparentemente le azioni previste dal Progetto “Raccolta differenziata a Bologna” sembrano indicare una nuova volontà e impegno del Comune a sviluppare la raccolta differenziata, dopo i magri incrementi (attorno all’1% annuo) realizzati nell’ultimo biennio e dopo lo scarto significativo di incidenza della raccolta differenziata di rifiuti maturato rispetto agli obiettivi di legge (il 40% per il 2007). Alcuni mezzi di informazione hanno recepito in questo senso il Progetto e dato grande rilievo alla sua portata.

Ma le cose stanno effettivamente così?

Noi pensiamo che il Progetto, che pure prevede alcuni interventi condivisibili, non attua tuttavia quel cambio di passo che i ritardi accumulati nella gestione dei rifiuti richiederebbero, né assume una direzione di marcia rivolta ad aumentare realmente la raccolta differenziata e a risolvere i problemi derivanti dalla gestione dei rifiuti. Anzi, puntando verso la cassonetizzazione spinta rende sempre più improbabile la possibilità di una gestione ecologica dei rifiuti.

Per noi il piano comunale di sviluppo della raccolta differenziata non è adeguato laddove, per esempio, avvia  una sperimentazione che è decisamente monca e cioè l’introduzione in due quartieri della città di un sistema di raccolta maggiormente differenziato attraverso cassonetti monomateriali. Avremmo trovato logico che nella sperimentazione fosse inserito il sistema di raccolta “porta a porta” (con ritiro in giorni stabiliti della settimana nelle aree condominiali dei sacchetti di rifiuti differenziati), sistema che ha già dato risultati straordinariamente positivi in quasi tutti i Comuni della provincia in cui è stato introdotto – con crescite in pochi mesi del raccolto differenziato dal 30 al 50% – e che costituisce esperienza in parte già consolidata e di indubbio successo in diversi quartieri di grandi città italiane, come Roma, Torino, Milano, Venezia.

Una sperimentazione più attendibile si sarebbe potuta attuare estendendo il “porta a porta” da aree della collina (dove è già in atto) alle zone, poste prevalentemente nel centro storico, dove mancano gli spazi per la dislocazione dei cassonetti anche di minori dimensioni: solo così si sarebbero potuti comparare i dati quantitativi e qualitativi e le risposte della popolazione interessata rispetto ai due sistemi di raccolta (tramite cassonetti piuttosto che “porta a porta”).

I dati di cui disponiamo, derivanti dalle esperienze in atto, ci dicono che l’efficacia massima della raccolta con cassonetto è dell’ordine del 40-50%, se c’è la raccolta differenziata dell’organico e del 25-35% senza la raccolta differenziata dell’organico. Ciò vuol dire che, non essendo previsto nel progetto del Comune nulla di nuovo sull’organico, e che non essendo questa raccolta estesa all’intera città, con il 35% saremmo probabilmente al limite fisiologico della raccolta differenziata con cassonetto (ovvero al massimo possibile della performance). Un valore ben distante da quanto prevede la legge (D.lgs 4/2008, correttivo del D.lgs 152/2006) che assume questi obiettivi di raccolta differenziata: 45% al 2008 e 65% al 2012. Ben vengano dunque la prospettata istituzione di piccole isole ecologiche per la riduzione degli imballaggi e la raccolta mirata di alcuni rifiuti presso i grandi centri commerciali (progetto su cui oggi, detto per inciso, non sembrano assunti impegni precisi), ben vengano la riorganizzazione della raccolta dei cartoni prelevabili dai negozi del centro storico, ben vengano i vincoli edificativi nei nuovi insediamenti per l’individuazione di aree adeguatamente dedicate alla raccolta differenziata, ma occorre fare molto di più.

Perchè non “sfruttare” al meglio la maggiore sensibilità ed attenzione generate presso i cittadini dall’emergenza Campania per dettagliare e capillarizzare l’informazione sullo smaltimento dei rifiuti, dando anche visibilità ai percorsi di recupero dei materiali? Perché non introdurre incentivi per i comportamenti dei cittadini/dei condomini più virtuosi, preparando magari le condizioni per introdurre forme anche sperimentali di passaggio dalla tassa alla tariffa per la rimozione dei rifiuti?

Ribadiamo che senza una “rivoluzione” nel ciclo di gestione dei rifiuti non si fanno reali passi in avanti.

In questa direzione vediamo orientarsi la Provincia, insieme ai Comuni e alle associazioni della società civile, ma non il Comune di Bologna.

Non vale peraltro, come già detto in premessa, la tesi di Hera – tesi sulla quale sembra attestarsi anche l’assessore all’ambiente del Comune di Bologna – secondo cui il sistema di raccolta differenziata più capillare comporta una maggiore onerosità finanziaria. I dati di cui disponiamo (non ultimi quelli forniti all’Ecosportello di Legambiente dai diversi Comuni interessati) dimostrano infondata questa tesi.

Abbiamo piuttosto l’impressione che il Comune di Bologna operi esprimendo orientamenti istituzionali che si coniugano sostanzialmente con i piani di sviluppo del gestore Hera e non si attrezzi alla “rivoluzione copernicana” necessaria nella gestione dei materiali post consumo (rivoluzione simile a quella a cui siamo chiamati per far fronte all’esaurimento delle fonti energetiche fossili e ai cambiamenti climatici in atto)!

Ci chiediamo anche se l’incremento previsto della raccolta differenziata dello 0,64% nel 2008 e del 4,27% nel 2009 giustifica una spesa di 12.968 euro ogni 0,01% di incremento di RD nel 2008 e di 207.500 euro ogni 1% di incremento nel 2009. Tutto questo per raggiungere nel 2009 un obiettivo di percentuale di raccolta differenziata del 35% (che il vecchio Decreto Ronchi prevedeva per il 2003!).

Il Comune spende e aumenta la tassa ai cittadini per acquistare nuovi cassonetti e realizzare nuove “isole ecologiche” interrate (riedizione della metafora di nascondere lo spazzato sotto il tappeto), assumendo oneri rilevanti per il futuro (in termini di ammortamento), senza valutare le reali possibilità di una sempre maggiore ecocompatibilità dello smaltimento dei rifiuti e poco incline a considerare ciò che avviene intorno (in Provincia, in Italia, in Europa).

Ci chiediamo perché le politiche di gestione della materia post consumo devono essere stabilite sostanzialmente da HERA invece che dalle pubbliche amministrazioni, quando sappiamo che dopotutto HERA è una società che ha come core business lo smaltimento dei rifiuti (inceneritore e discariche) e che quindi ha tutto l’interesse ad avere sempre rifiuti da smaltire piuttosto che materia da riciclare.

Noi siamo convinti che il rifiuto che si gestisce meglio è quello che non c’è e che quindi produrre meno rifiuti significa risparmiare energia, risorse non rinnovabili e ridurre l’inquinamento.

Nella logica assolutamente prioritaria della tutela dell’ambiente e dell’equilibrio climatico, per noi si debbono in definitiva considerare, da un lato con maggiore coraggio politico e dall’altro con maggiore lungimiranza imprenditoriale, quelle scelte strategiche di investimento e di riconversione professionale degli operatori ecologici che possono coerentemente garantire di raggiungere gli obiettivi di qualità nella raccolta dei rifiuti.
Questo, secondo noi, è l’asse che in materia di politiche ambientali e di modello di sviluppo anche il Comune di Bologna dovrebbe assumere.

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